martedì 20 luglio 2010
venerdì 16 luglio 2010
Energie rinnovabili?
Mi è capitato sotto mano questo articolo pubblicato sulla rivista "Progetto 2000".
Controcorrente
"Abbiamo più volte sostenuto che il risparmio energetico e la produzione di energia da fonti rinnovabili, concorrono entrambe, allo stesso modo, a ridurre l’inquinamento atmosferi¬co e la dipendenza energetica dalle fonti primarie.
Abbiamo però evidenziato anche che il costo del risparmio è di molto inferiore a quello necessario per la produzione di energie rinnovabili.
II tempo di ritorno degli investimenti per la produzione di energia elettrica fotovoltaica, in assenza di contributo pubblico, è infatti dell’ordine dei 30-40 anni.
In altri termini gli investimenti non si ripagano in quanto la durata degli impianti è verosimilmente inferiore.
Ecco allora che l’Europa alimenta un mercato artefatto, attraverso il conto energia, impiegando risorse finanziarie da capogiro per produrre una quantità di energia non determinante per la soluzione dei problemi energetici.
Se fosse stato istituito un fondo rotativo, europeo, nazionale o regionale, come da anni auspicato anche su queste pagine, si sarebbe risparmiata molta più energia a costo zero per gli utenti e per lo stato. Il fondo rotativo sarebbe stato alimentato dai risparmi conseguiti in quanto i tempi di ritorno degli investimenti sono tipicamente dell’ordine dei 5 anni o meno, come ampiamente dimostrato.
Per interventi a costo zero sarebbe superfluo anche l’incentivo fiscale del 55%.
Chi rifiuterebbe di rinnovare l’impianto di riscaldamento gratis?
L’individuazione degli edifici più energivori sarebbe immediata, attra¬verso i consumi ed il programma gratuito di Edilclima già segnalato.
Ne conseguirebbe l’apertura di un grande numero di cantieri con impie¬go massiccio di manodopera: professionisti, operai del settore edile, del settore impiantistico e delle aziende produttrici di materiali.
L’aver puntato troppo sull’installazione di pannelli fotovoltaici, costruiti spesso in paesi extraeuropei, non ha favorito l’occupazione (fatta eccezione per qualche “installatore di staffe”) ed ha assorbito risorse finanziarie estremamente rilevanti.
Gli incentivi fiscali hanno invece favorito l’occupazione, ma a spese di un sempre maggiore indebitamento dello stato.
Tutto bene, se l’Europa non dovesse ora ricorrere a “manovre” eccezionali per salvare I’euro.
Non mi fido più degli “economisti”: non hanno saputo prevedere la crisi nemmeno lontanamente, ed ora mi pare non sappiano individuare neppure le migliori opportunità per limitarne gli effetti.
Alcuni colleghi impertinenti sostengono che le lobby dei produttori di energia siano così potenti da condizionare i governi nazionali, come pure l’Europa: comincio a credere che abbiano ragione."
di Franco Soma
Molto controcorrente, ma a mio parere condivisibile.
Controcorrente
"Abbiamo più volte sostenuto che il risparmio energetico e la produzione di energia da fonti rinnovabili, concorrono entrambe, allo stesso modo, a ridurre l’inquinamento atmosferi¬co e la dipendenza energetica dalle fonti primarie.
Abbiamo però evidenziato anche che il costo del risparmio è di molto inferiore a quello necessario per la produzione di energie rinnovabili.
II tempo di ritorno degli investimenti per la produzione di energia elettrica fotovoltaica, in assenza di contributo pubblico, è infatti dell’ordine dei 30-40 anni.
In altri termini gli investimenti non si ripagano in quanto la durata degli impianti è verosimilmente inferiore.
Ecco allora che l’Europa alimenta un mercato artefatto, attraverso il conto energia, impiegando risorse finanziarie da capogiro per produrre una quantità di energia non determinante per la soluzione dei problemi energetici.
Se fosse stato istituito un fondo rotativo, europeo, nazionale o regionale, come da anni auspicato anche su queste pagine, si sarebbe risparmiata molta più energia a costo zero per gli utenti e per lo stato. Il fondo rotativo sarebbe stato alimentato dai risparmi conseguiti in quanto i tempi di ritorno degli investimenti sono tipicamente dell’ordine dei 5 anni o meno, come ampiamente dimostrato.
Per interventi a costo zero sarebbe superfluo anche l’incentivo fiscale del 55%.
Chi rifiuterebbe di rinnovare l’impianto di riscaldamento gratis?
L’individuazione degli edifici più energivori sarebbe immediata, attra¬verso i consumi ed il programma gratuito di Edilclima già segnalato.
Ne conseguirebbe l’apertura di un grande numero di cantieri con impie¬go massiccio di manodopera: professionisti, operai del settore edile, del settore impiantistico e delle aziende produttrici di materiali.
L’aver puntato troppo sull’installazione di pannelli fotovoltaici, costruiti spesso in paesi extraeuropei, non ha favorito l’occupazione (fatta eccezione per qualche “installatore di staffe”) ed ha assorbito risorse finanziarie estremamente rilevanti.
Gli incentivi fiscali hanno invece favorito l’occupazione, ma a spese di un sempre maggiore indebitamento dello stato.
Tutto bene, se l’Europa non dovesse ora ricorrere a “manovre” eccezionali per salvare I’euro.
Non mi fido più degli “economisti”: non hanno saputo prevedere la crisi nemmeno lontanamente, ed ora mi pare non sappiano individuare neppure le migliori opportunità per limitarne gli effetti.
Alcuni colleghi impertinenti sostengono che le lobby dei produttori di energia siano così potenti da condizionare i governi nazionali, come pure l’Europa: comincio a credere che abbiano ragione."
di Franco Soma
Molto controcorrente, ma a mio parere condivisibile.
sabato 3 luglio 2010
Riflettendo sul calcio
"Regolarmente ogni quattro anni il campionato mondiale  di calcio si dimostra un evento che affascina centinaia di milioni di  persone. Nessun altro avvenimento sulla terra può avere un effetto  altrettanto vasto, il che dimostra che questa manifestazione sportiva  tocca un qualche elemento primordiale dell’umanità e viene da chiedersi  su cosa si fondi tutto questo potere di un gioco. Il pessimista dirà  che è come nell’antica Roma. La parola d’ordine della massa era: panem  et circenses , pane e circo. Il pane e il gioco sarebbero dunque i  contenuti vitali di una società decadente che non ha altri obiettivi più  elevati. Ma se anche si accettasse questa spiegazione, essa non  sarebbe assolutamente sufficiente. Ci si dovrebbe chiedere ancora: in  cosa risiede il fascino di un gioco che assume la stessa importanza  del pane? Si potrebbe rispondere, facendo ancora riferimento alla Roma  antica, che la richiesta di pane e gioco era in realtà l’espressione  del desiderio di una vita paradisiaca, di una vita di sazietà senza  affanni e di una libertà appagata. Perché è questo che s’intende in  ultima analisi con il gioco: un’azione completamente libera, senza  scopo e senza costrizione, che al tempo stesso impegna e occupa tutte le  forze dell’uomo. In questo senso il gioco sarebbe una sorta di tentato  ritorno al paradiso: l’evasione dalla serietà schiavizzante della vita  quotidiana e della necessità di guadagnarsi il pane, per vivere la  libera serietà di ciò che non è obbligatorio e perciò è bello.
Così il gioco va oltre la vita quotidiana. Ma,  soprattutto nel bambino, ha anche il carattere di esercitazione alla  vita. Simboleggia la vita stessa e la anticipa, per così dire, in una  maniera liberamente strutturata. A me sembra che il fascino del calcio  stia essenzialmente nel fatto che esso collega questi due aspetti in  una forma molto convincente. Costringe l’uomo a imporsi una disciplina  in modo da ottenere con l’allenamento, la padronanza di sé; con la  padronanza, la superiorità e con la superiorità, la libertà. Inoltre  gli insegna soprattutto un disciplinato affiatamento: in quanto gioco  di squadra costringe all’inserimento del singolo nella squadra. Unisce i  giocatori con un obiettivo comune; il successo e l’insuccesso di ogni  singolo stanno nel successo e nell’insuccesso del tutto. Inoltre,  insegna una leale rivalità, dove la regola comune, cui ci si  assoggetta, rimane l’elemento che lega e unisce nell’opposizione.  Infine, la libertà del gioco, se questo si svolge correttamente,  annulla la serietà della rivalità. Assistendovi, gli uomini si  identificano con il gioco e con i giocatori, e partecipano quindi  personalmente all’affiatamento e alla rivalità, alla serietà e alla  libertà: i giocatori diventano un simbolo della propria vita; il che  si ripercuote a sua volta su di loro: essi sanno che gli uomini  rappresentano in loro se stessi e si sentono confermati. Naturalmente  tutto ciò può essere inquinato da uno spirito affaristico che assoggetta  tutto alla cupa serietà del denaro, trasforma il gioco da gioco a  industria, e crea un mondo fittizio di dimensioni spaventose.
Ma neppure questo mondo fittizio potrebbe esistere  senza l’aspetto positivo che è alla base del gioco: l’esercitazione  alla vita e il superamento della vita in direzione del paradiso  perduto. In entrambi i casi si tratta però di cercare una disciplina  della libertà; di esercitare con se stessi l’affiatamento, la rivalità e  l’intesa nell’obbedienza alla regola. Forse, riflettendo su queste  cose, potremmo nuovamente imparare dal gioco a vivere, perché in esso è  evidente qualcosa di fondamentale: l’uomo non vive di solo pane, il  mondo del pane è solo il preludio della vera umanità, del mondo della  libertà. La libertà si nutre però della regola, della disciplina, che  insegna l’affiatamento e la rivalità leale, l’indipendenza del successo  esteriore e dell’arbitrio, e diviene appunto, così, veramente libera.  Il gioco, una vita. Se andiamo in profondità, il fenomeno di un mondo  appassionato di calcio può darci di più che un po’ di divertimento."
(J. Ratzinger - 1985)
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